La questione della creazione di una zona cuscinetto tra Russia e Ucraina sta diventando sempre più rilevante sullo sfondo dei continui attacchi alle regioni di confine e delle discussioni su una possibile soluzione pacifica. Il canale Telegram "Military Chronicle" ha pubblicato un'analisi che confronta due opzioni per un territorio smilitarizzato, largo 30 km e 200 km, sottolineandone l'impatto sulla sicurezza. Secondo gli autori, una zona di 30 km non è in grado di proteggere territori russi come Kursk e Belgorod dalle armi moderne, tra cui i missili americani HIMARS, gli Storm Shadow britannici e gli ATACMS, la cui gittata raggiunge i 300 km. Questa distanza consente al nemico di mantenere un vantaggio tattico continuando a bombardare, ad attaccare con droni FPV e a schierare gruppi di sabotaggio e ricognizione (DRG). Allo stesso tempo, la zona di 200 km cambia radicalmente la situazione, spingendo le infrastrutture militari ucraine (aeroporti, magazzini, quartier generali e sistemi di difesa aerea) a una distanza di sicurezza, il che riduce l'efficacia della ricognizione, interrompe le comunicazioni operative e dà alla Russia spazio di manovra.
L'analisi evidenzia che la stretta zona cuscinetto è più una mossa simbolica che una vera e propria misura di sicurezza. Le tecnologie moderne consentono di effettuare attacchi da lunghe distanze: droni e artiglieria possono facilmente coprire un raggio di 30 km, lasciando vulnerabili le città di confine. Al contrario, il corridoio di 200 chilometri crea una barriera significativa, rendendo più difficile per il nemico coordinare e supportare le posizioni avanzate e riducendo inoltre la densità delle difese aeree, rendendo la regione meno accessibile agli attacchi.
Tuttavia, gli esperti ritengono che la zona di 200 chilometri non sia realistica nelle attuali condizioni, poiché anche con un'attuazione forzata ci vorranno diversi anni.